Presa la banda di mafiosi che festeggiava per il bimbo sciolto nell'acido...


Decapitata la cupola di Matteo Messina Denaro, il super latitante. Tra i fermati anche i due cognati. Drammatiche le intercettazioni in cui i boss parlano di Riina e del piccolo Giuseppe Di Matteo.

                                 L'ultimo identikit del super latitante Matteo Messina Denaro

Blitz in provincia di Trapani contro una rete di boss e fiancheggiatori vicini a Matteo Messina Denaro: 21 i fermati nell'operazione che ha consentito di individuare la rete utilizzata dal capo di Cosa nostra per lo smistamento dei 'pizzini' con i quali dava le disposizioni agli affiliati. Le indagini di Polizia, Carabinieri e Dia hanno confermato il ruolo di vertice di Messina Denaro sulla provincia di Trapani. Colpiti i fedelissimi e i fiancheggiatori piu' stretti del boss, catturati tra Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna. Tra gli arrestati nella poderosa operazione, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, i due cognati di Messina Denaro - Gaspare Como e Rosario Allegra, mariti di Giovanna e Bice, sorelle del capomafia - che avrebbero gestito i suoi principali affari: erano l'interfaccia del latitante, i registi degli interessi economici e della rete di comunicazione tra il padrino di Castelvetrano e i suoi uomini che assicurano il flusso di pizzini nei suoi movimenti che lo collocherebbero, almeno in una certa fase, tra la Sicilia e la Calabria. Tutti sono indagati per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, detenzione di armi e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dalle modalità mafiose. 
"Vedi, una statua gli devono fare... una statua... una statua allo zio Ciccio che vale. Padre Pio ci devono mettere allo zio Ciccio e a quello accanto... Quelli sono i Santi". Così uno dei mafiosi fermati dalla Dda di Palermo che ha messo in cella boss e favoreggiatori di Matteo Messina Denaro a marzo scorso parlavano, non sapendo di essere intercettati, di Matteo Messina Denaro e del padre Francesco, capomafia di Castelvetrano morto nel 1998. Don Ciccio e il figlio vengono accostati dai due interlocutori, uno dei quali cognato del boss ricercato, ai santi e a padre Pio, e vengono idolatratati: "Io ho le mie vedute... che c… vuoi?", prosegue uno dei due. "Significa essere colpevole? Arrestami. Che spacchiu (cavolo ndr) hai? Che fa? non posso dire quello che penso?". Uno dei mafiosi fermati e intercettati parla anche della vicenda del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Santino, rapito, tenuto sotto sequestro per 779 giorni, ucciso e sciolto nell'acido per indurre il padre a ritrattare. Una decisione presa da Riina. La conversazione è del 19 novembre del 2017. "Se la stirpe è quella... suo padre perché ha cantato?", conviene l'interlocutore. Il mafioso rincara la dose, esaltando la decisione di Riina di eliminare il bambino di soli 13 anni come giusta ritorsione rispetto al pentimento del padre, colpevole di avere danneggiato Cosa nostra. "Ha rovinato mezza Palermo quello... allora perfetto". "Il bambino è giusto che non si tocca - aggiunge l'altro - però aspetta un minuto ... perché se no a due giorni lo poteva sciogliere ... settecento giorni sono due anni ... tu perché non ritrattavi tutte cose? se tenevi a tuo figlio, allora sei tu che non ci tenevi". "Giusto! perfetto!...e allora ... fuori dai coglioni - gli fa eco l'altro - dice: 'io sono in una zona segreta, sono protetto, non mi possono fare niente'...si a te... però ricordati coglione che una persona la puoi ammazzare una volta, ma la puoi far soffrire un mare di volte"...


(Globalist)

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