India, la storia d'amore tra una principessa indù e un sultano islamico scatena l'ira delle donne: "Pronte a darci fuoco"...


L'ultimatum per far revocare entro il 24 gennaio l'ordine di proiettare nello stato e in tutta l'India il controverso film Padmavaat. Taglie sulle teste dell'attrice Deepika Padukone e del regista Sanjay Leela Bhansali

di Raimondo Bultrini


Migliaia di donne indiane della alta casta guerriera Rajiput domenica scorsa brandivano spade rituali durante una marcia "di avvertimento" nella città di Chittorgarh in Rajasthan.

La loro minaccia non era da poco perché ben 1098 tra loro hanno firmato e sottoscritto un documento dove promettono di darsi fuoco con un antico rituale detto "jauhar" se non si revocherà entro il 24 gennaio l'ordine di proiettare nello stato e in tutta l'India il controverso film Padmavaat previsto in sala il giorno dopo.

Il drammatico e probabilmente solo propagandistico gesto estremo nasce dai sospetti sulla piega sentimentale data dal regista alla storia di una figura venerata da otto secoli.

E' infatti accusato di aver inventato una liason di sguardi e gesti tra la principessa Rajiput di nome Padmavati e il sultano islamico di Delhi Alauddin Khilji, che prese d'assedio il Forte di Chittorgarh per conquistare il regno e il cuore della bella castellana.

Secondo la versione ortodossa della storia lei si gettò tra le fiamme proprio davanti al Forte assieme a 16mila compagne Rajiput pur di non cadere nelle mani dell'usurpatore musulmano e il suo jauhar divenne un simbolo del coraggio e determinazione delle donne della sua casta.

Per questo, con l'intento di "restituirle l'onore", le mille e rotte firmatarie della promessa di suicidio sono disposte a gettarsi sulla pira collettiva.

Nei mesi scorsi diverse taglie, anche da parte di un politico del partito di maggioranza Bjp, sono state piazzate sulle teste dell'attrice Deepika Padukone, la più pagata del cinema indiano e del regista Sanjay Leela Bhansali, sostenuto in questa impresa anche dalla holliwoodiana Paramount.

Manifesti del film e foto di Deepika sono stati dati pubblicamente alle fiamme con incidenti in quattro degli stati dove vivono larghe comunità Rajiput e dove i governi locali avevano cercato di emanare un decreto di censura per timore dei disordini. Ma la Corte suprema ha obbligato - costi quel che costi - le autorità a proteggere con la forza le sale che decideranno di rischiare, assieme ai clienti, l'ira dei fondamentalisti.

E' un compito difficile se non interverrà un altro clamoroso colpo di scena, come il ritiro del film per motivi di ordine pubblico, che potrebbe essere letta però come una dichiarazione di sconfitta dell'orgoglioso premier Narendra Modi.

Le donne di Chittorgarh intanto si preparano all'eventualità che la loro richiesta di bandire il film non venga accettata e preparano virtualmente la grande pira del "jauhar" nello stesso posto dove si sarebbe data alle fiamme la loro eroina. Poco importa se questo avvenne nel lontano 1300...

(La Repubblica Esteri)

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