Incertezza ed eterna emergenza: una fotografia dell'accoglienza in Italia...






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Alcuni ne parlano, molti ne blaterano. In generale, solo una piccola percentuale sa quel che dice. Non a caso, se c'è una parola che possa caratterizzare il sistema dell'accoglienza in Italia, questa è "incertezza". Una densa cortina fumogena alla cui base trovano salde fondamenta tutta una serie di bufale e leggende metropolitane che alimentano un clima d'odio in costante crescendo. Cerchiamo allora di vederci più chiaro.
Nelle prossime righe proveremo quindi a capire meglio com'è composta, com'è finanziata e come funziona la macchina dell'accoglienza nel Belpaese. Con una premessa: non sarà un viaggio facile
Tra accoglienza ordinaria e straordinaria
Quando si parla di accoglienza, è impossibile prescindere da questa distinzione. Una separazione che sulla carta dovrebbe essere netta, ma che come vedremo spesso si mescola in un'unica claudicante macchina. Composta, per rendere le cose ancora più complicate, da una babele di acronimi più e meno conosciuti.
CPSA, Centri di Primo Soccorso e Accoglienza – Come spiega il Viminale, queste strutture ospitano i migranti fin dai primi momenti del loro sbarco. Qui viene fornita la prima assistenza medica, dove necessaria, e si procede con la fotosegnalazione dei migranti. Sempre in questa sede, gli stessi vengono smistati in altri centri sulla base delle domande di protezione internazionale che possono presentare. Con aggiornamento al maggio di quest'anno, su tutto il territorio nazionale i CPSA sono dislocati tra Lampedusa (Agrigento), Elmas (Cagliari), Otranto (Lecce) e Pozzallo (Ragusa).
CDA, Centri di Accoglienza – Nelle loro funzioni, questi sono sostanzialmente assimilabili al modello dei CPSA. Qui i migranti vengono identificati prima di essere trasferiti, in base ai casi, in altri centri.
CARA, Centri di Accoglienza Richiedenti Asilo – A questa struttura sono destinati quei migranti che abbiano fatto una domanda di protezione internazionale. In linea del tutto teorica, il tempo di permanenza nei CARA dovrebbe essere per un massimo di 35 giorni, tempo necessario affinché la commissione competente per territorio esamini la richiesta di asilo. In pratica, considerando il ritardo in merito delle istituzioni, un migrante può rimanere rinchiuso tra le musa di un centro di accoglienza anche per un anno. Tra CDA e CARA, i centri presenti sul territorio sono in tutto 14.
SPRAR, Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati – Rispetto ai centri esaminati fino a questo punto, i centri SPRAR si differenziano come strutture di accoglienza di "secondo livello". Questi, identificati tra i progetti presentati dagli enti locali nell'ambito del sistema di protezione, dovrebbero avere infatti una doppia funzione, scrive osservatoriomigranti.org: "offrire misure di assistenza e di protezione al singolo beneficiario" e "favorirne il percorso di integrazione attraverso l’acquisizione di una ritrovata autonomia". Insomma, i centri SPRAR sono rivolti sulla carta a quei migranti che già hanno ottenuto l'approvazione di una richiesta di asilo, a chi è in attesa e a chi è beneficiario di protezione sussidiaria. Tuttavia, specifica ancora Osservatorio Migranti, spesso per sopperire alle lacune di CPSA, CDA e CARA le strutture SPRAR vengono utilizzate come tappabuchi dell'accoglienza di "primo livello".
Tornando alla distinzione tra accoglienza ordinaria e straordinaria, tutti i centri visti fin'ora rientrano nel primo caso. Di seguito, le strutture per l'accoglienza emergenziale.
CAS, Centri di Accoglienza Straordinaria – Sono alberghi, palestre ed altre strutture individuate, su mandato del Viminale, dalle prefetture. Nonostante dovrebbero essere teoricamente l'ultima ruota del carro dell'accoglienza in Italia, spesso i CAS sono tra i centri più utilizzati e contestati. Complice una politica che presta il fianco alla retorica e al populismo (rendendo complicato per gli enti locali la partecipazione ai bandi SPRAR), questi sono infatti l'emblema di una rincorsa perenne da parte delle istituzioni all'emergenza, ad una millantata e sedicente straordinarietà dei flussi migratori. Per quanto spesso venga dimenticato, ad inaugurare la stagione dei CAS fu nel 2011 il governo Berlusconi, travolto dalla cossiddetta "emergenza Nordafrica". A chiedere quindi uno sforzo di civiltà, spronando i prefetti a trovare luoghi eccezionali dove smistare i migranti, fu l'attuale governatore della Lombardia Roberto Maroni, allora ministro dell'Interno. Sulla carta, l'esperienza dei CAS dovrebbe essersi conclusa nel 2013, quando il suo successore al Viminale, Anna Maria Cancellieri (governo Monti), smantellò con un decreto ad hoc i Centri di Accoglienza Straordinaria. Tuttavia, come hanno sottolineato i recenti casi di Casale San Nicola e Quinto, la pratica di ricercare centri di emergenza per i profughi è tutt'altro che archiviata.
Quanto costa e com'è finanziata l'accoglienza
Per la gestione dell'accoglienza, lo Stato paga una media di 35 euro al giorno per ogni migrante. Una somma, contrariamente a quanto sostengono alcune sòle diffusesi nel tempo, che non viene consegnata cash nelle mani degli stessi migranti – a questi, di quella cifra, vengono dati 2/3 euro al giorno per le spese personali -, ma che va agli enti gestori di tutti i centri. CPSA, CARA, CAS o SPRAR che siano.
Per coprire i costi di tali strutture, la macchina dell'accoglienza può fare affidamento su più fondi. Restando in Italia, vi sono ad esempio il Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi d'Asilo(FNPSA, con cui sono coperti ad esempio i progetti del sistema SPRAR) e il Fondo Ordinario per l'accoglienza, entrambi gestiti dal Ministero dell'Interno. Nel primo caso, a partire dal 2015, la portata del fondo è stata incrementata a 187,5 milioni di euro all'anno.
Spostandoci in Europa, dalla Commissione il Belpaese riceve finanziamenti per l'accoglienza attraverso l'AMIF, il Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione. Nel periodo 2007-2013, per l'Italia sono stati stanziati complessivamente 478,7 milioni di euro, cifra suddivisa tra il Fondo europeo per i rifugiati, il Fondo europeo per l'Integrazione dei cittadini di Paesi terzi – questi sono stati riuniti poi nell'AMIF -, il Fondo europeo per i rimpatri e il Fondo per le frontiere esterne.
Per il periodo 2014-2020, invece, i fondi europei destinati all'Italia ammontando ad oltre 500 milioni euro. Di questi, 310 milioni rientrano nel Fondo AMIF, mentre 212 saranno destinati al Fondo per la sicurezza interna.
A questa vera e propria pioggia di finanziamenti, dall'Ue sono stati garantiti all'Italia anche diversi fondi di emergenza. Nel 2013, ad esempio, all'indomani del disastroso naufragio di Lampedusa, la Commissione stanziò per il Belpaese 30 milioni di euro extra. Più recentemente, invece, gli interventi straordinari europei ammontano ad un importo di 13,7 milioni di euro. Come ricorda la stessa commissione, "l'Italia è il principale beneficiario dei finanziamenti dell'Ue nel settore della migrazione".
Prima di concludere questo capitolo, una precisazione. Nonostante la retorica che vorrebbe i migranti "ladri" di finanziamenti che dovrebbero essere destinati agli italiani, la realtà dei fatti è tutt'altra. Innanzitutto, l'accoglienza e quanto ne consegue "è un obbligo sancito dalla Costituzione e dalle normative internazionali", spiegava ad Internazionale Daniela Di Capua, direttore del programma SPRAR. In tal senso, e in secondo luogo, i finanziamenti dovuti all'accoglienza non spostano un euro dagli interventi che dovrebbero essere garantiti al cittadino. E se il Welfare presenta quindi più zone d'ombra, la colpa non può certo essere attribuita ai migranti.
L'eterna emergenza che ingrassa
Se, come dicevamo in apertura, a caratterizzare l'accoglienza in Italia è l'incertezza, lo stesso si può dire per l'emergenza. Nel tempo e nello spazio, attraversando governi di diverso colore politico, la rincorsa ad una eterna situazione emergenziale ha favorito il consolidamento di un sistema parallelo lucroso e talvolta criminale, come hanno evidenziato le inchieste di Mafia Capitale. Una realtà liquida e nell'ombra di cui lo Stato non può dirsi del tutto innocente.
Del resto, a garantire che l'emergenza è solo una continua illusione, sono i numeri. Ma nonostante questo, è evidente che "avere un’emergenza, parlare di emergenza, alimentare l’emergenza è utile a molti e la recente inchiesta aperta a Roma mostra in modo lampante come il business dell’accoglienza sia diventato strumento di spartizione di potere, creazione di clientele e gestione di influenze politiche", scriveva sempre su Internazionale Stefano Liberti.
In questo quadro, prende piede la pessima gestione dei flussi migratori da parte delle istituzioni. Un fenomeno ampiamente strutturale, ma relegato nella dimensione della straordinarietà per poterlo utilizzare come merce di scambio politico. Proprio sull'emergenza – prima invocata, si ricordi quanto già detto sul 2011- costruiscono i loro consensi i partiti della destra populista, dalla Lega Nord a Fratelli d'Italia.
Ma sull'emergenza, almeno a livello politico, lucrano anche i governi. Solo con l'emergenza, infatti, è possibile scaricare su altri (l'Europa, soprattutto) le prorpie mancanze, le proprie colpe. Che vanno ad esempio dalla lacunosa macchina dell'identificazione alla gestione dei tempi per le domande d'asilo.
Insomma, molto probabilmente la macchina dell'accoglienza rimarrà all'apparenza inaccessibile e governata dall'emergenza ancora per molto tempo. Perché, in fondo, ci guadagnano (quasi) tutti....
(Internationa Business Times)

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